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ALESSANDRA DINO

Il paradigma mafioso dentro il modello della criminalità organizzata

Abstract

Interrogarsi sul metodo mafioso significa fare i conti con le differenti definizioni che della mafia sono state fornite, in un’ottica che non può che essere comparativa e diacronica. Non si possono, infatti, ignorare né le differenti declinazioni del modello organizzativo criminale nei diversi contesti territoriali, né la sua evoluzione nel tempo, né le modifiche intervenute con l’ampliarsi dello scenario internazionale e con la nascita delle cosiddette “nuove mafie”. Occorre, quindi, verificare gli elementi di mutazione riscontrati nelle maggiori organizzazioni criminali mafiose che operano in Italia; da una parte, spingendo l’attenzione verso gli scenari internazionali e, dall’altra, rilevando i processi di contestuale modifica degli assetti organizzativi interni, ispirati dalle esigenze di un più flessibile sistema criminale a rete. Rimanendo dentro l’ambito della definizione, occorre allargare ancora lo sguardo, osservando come la variabilità dell’estensione del modello mafioso ad altre organizzazioni criminali “simili” dipenda – a sua volta – da una definizione più o meno ampia del concetto di illegalità. Osservato attraverso il prisma del paradigma mafioso, in un’ottica costruttivistica e riflessiva, lo studio della criminalità organizzata pone in risalto lo stretto legame intercorrente tra la delimitazione del “campo criminale” (e lo scontro di poteri su cui si fonda) e il riconoscimento delle sue dimensioni illegali: nelle analisi degli esperti, nella vita quotidiana come anche nell’adozione di differenti politiche di contrasto.