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ALESSANDRA DINO

“These Dead Are Not Ours”: Identity Factors, Communicative Aspects and Regulative Meanings of Violence inside Cosa Nostra

Abstract

Il saggio analizza l’uso e il significato della violenza in Cosa Nostra dentro un quadro teorico più ampio che consente di coglierne le cornici concettuali e le ricche declinazioni fenomenologiche. Partendo dagli studi dei costruttivisti e dei post-strutturalisti, pone al centro della riflessione il rapporto tra violenza e potere (Weber, Popitz, Arendt), il tema della legittimazione discorsiva della violenza (Benjamin, Derrida), il suo legame con la corporeità (la biopolitica, di cui parla Foucault) e il suo radicamento nella sfera del simbolico e dello “spazio sociale” (Bourdieu), la dimensione speculare e “spettacolare” della violenza esibita (Ruggiero). Elementi che trovano ampio riscontro nelle pratiche violente in uso in Cosa Nostra. Riallacciandosi agli studi pionieristici di Franchetti sulla mafia come “industria della violenza” (e non trascurandone gli aspetti regolativi, politici, organizzati), il capitolo propone una lettura della violenza mafiosa come fattore identitario, strumento di “esibizione” simbolica del potere ma anche come mezzo indispensabile per demarcare il limite dell’appartenenza e della legittimità. Adottando una prospettiva diacronica e comparativa, fa ampio ricorso a documenti processuali, intercettazioni, interviste a collaboratori di giustizia, dati empirici di prima mano oltre che a documenti storici. Non trascurando la distinzione tra sfera pubblica e privata, tra violenza interna ed esterna, un rilievo particolare è attribuito agli aspetti comunicativi e alla sfera delle emozioni: il tema del silenzio sulla violenza; la dimensione narrativa e discorsiva della violenza; il rapporto tra violenza, segreto, potere; tra violenza e morte; tra violenza, paura, dolore; tra violenza e colpa; tra violenza e pentimento; tra violenza e menzogna. Per ciascuno degli aspetti esaminati, il quadro analitico è suffragato da puntuali riferimenti a specifici episodi: dall’uso spettacolare della violenza durante la seconda guerra di mafia, all’omicidio e al sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo. Dai comportamenti violenti contro le donne, all’assassinio di padre Puglisi. Dalle dimensioni “immateriali” del dominio simbolico che attraversa il processo educativo, alla violenza dialettica che si esprime negli scambi comunicativi. Per chiudere con la violenza “terroristica” e “debordante” delle stragi dei primi anni ’90 e col ricorso alla menzogna, al depistaggio, all’ambiguità come declinazione più sofisticata di una violenza non più “solo” mafiosa.