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ALESSANDRA DINO

Guerre di mafia

Abstract

La convivenza tra gruppi e fazioni di una medesima organizzazione di tipo mafioso – tra gruppi, cioè, che fanno del controllo del territorio un elemento fondante la propria esistenza – è assicurata da un sistema di gerarchie strutturate, istituite alla stregua di veri e propri organismi di contenimento della violenza e di contemperamento degli interessi. Gli equilibri creati da tali sistemi di regolazione dei conflitti restano, tuttavia, sempre molto instabili, poiché condizionati dalle mutevoli relazioni di reciprocità e condivisione che intercorrono tra i gruppi criminali che operano su una medesima area geografica: condiviso deve essere il riconoscimento di legittimità nei confronti dell’organo formalmente deputato a dirimere le controversie; reciproco e condiviso il rispetto degli ambiti territoriali e di competenza di ciascun gruppo criminale; reciproco e condiviso l’interesse a svolgere senza intralcio le proprie attività e la soddisfazione per l’entità dei proventi che ne derivano; reciproco, infine, il potere di dissuasione esercitato da ciascuno sull’altro, attraverso la minaccia di un’eventuale risoluzione violenta degli interessi confliggenti. Lo squilibrio di uno solo di questi fattori, o l’intervento di una variabile esterna, porta inevitabilmente al conflitto armato. Per tali ragioni, uno studio attento sulle guerre di mafia che ciclicamente esplodono in seno alle organizzazioni criminali che operano nel nostro Paese può aiutare a scoprirne i mutevoli assetti e le alterne fasi di espansione territoriale, fornendo utili spunti per l’analisi delle aree economiche al centro degli scontri d’interesse e per l’individuazione delle tendenziali direttrici di sviluppo dei fenomeni criminali connessi.