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MICHELE COMETA

Parole che dipingono. Letteratura e cultura visuale tra Settecento e Novecento

Abstract

Ci sono dipinti, sculture, pitture vascolari, architetture che possono essere considerati il precipitato della cultura visuale di una determinata epoca storica: analizzarli significa dunque ricostruire le configurazioni antropologiche, e perciò comuni, dell’immaginario del tempo. Così lo studio del Laocoonte mostra come quest’immagine canonica, e già nel Settecento “classica”, dia voce alle ragioni del corpo nell’età di Goethe, mentre le immagini delle cattedrali di Karl Friedrich Schinkel rappresentano la sintesi tra l’estetica del gotico e le utopie politiche e religiose di una generazione impegnata nella guerra di liberazione dalla Francia. La descrizione delle immagini (l’ékphrasis) è d’altronde questione centrale per la moderna teoria letteraria e per gli studi di cultura visuale, da quella che si fonda su una sostanziale “fiducia” nell’interscambio tra la letteratura e le arti, come nel caso di Wilhelm Heinse e di Marie Luise Kaschnitz, alle descrizioni in cui ha il sopravvento la dimnensione mentale dell’immagine, come nelle inquietudini del tardo romanticismo tedesco e nei paradossi espliciti delle filosofie di Dostoevskij, Nietzsche, Freud, Heidegger e Bloch. Per finire con il gesto davvero iconoclasta – ma si potrebbe dire “per amore delll’immagine” – di Thomas Bernhard, il cui nichilismo consuma tutte le possibilità di una rappresentazione letteraria delle immagini.