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MICHELE COMETA

Incomprensibilità e ironia. Filosofia e letteratura in Friedrcih Schlegel e Paul De Man

Abstract

Uno strano destino ha voluto che l’ultima frase scritta da Friedrich Schlegel la sera prima della morte, l’11 gennaio 1829, fosse una sorta di epitome di tutta la sua esistenza e di tutta la sua filosofia: «Das ganz vollendete und vollkommne Verstehen selbst aber [...]»1 che si potrebbe tradurre: «La compiuta e perfetta comprensione in quanto tale tuttavia [...]». Poco importa se l’emblema che chiude l’opera ci ricorda che questa “perfetta e compiuta” conoscenza è affidata, per l’ormai cattolico Schlegel, a Dio, cui l’anima si rivolge dopo aver spezzato le catene della mondanità. Per tutta la vita Schlegel aveva comunque creduto che il concetto di una “perfetta e compiuta” conoscenza fosse determinato da quel “tuttavia” (“aber”) che simbolicamente chiude la sua esperienza terrena. In quel “tuttavia” è rac- chiusa tutta la sua filosofia dell’incomprensibilità e dell’ironia, così come essa si è delineata sin dai primi studi filologici e dai primi frammenti critici.