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MAURIZIO CARTA

Il Mediterraneo fabbrica di civilizzazione

Abstract

Siamo entrati in un «Nuovo Regime climatico» (Latour 2015), un regime della nostra esistenza che tiene insieme la questione ambientale, l’esplosione delle diseguaglianze, l’impatto della deregulation, la devastazione della mondializzazione e, soprattutto, il desiderio di tornare alle vecchie protezioni dello Stato nazionale e, quindi, l’esplosione del populismo, poiché non siamo di fronte a una semplice crisi di attraversamento ma a una vera e propria metamorfosi, servono nuove visioni, diversi paradigmi e rinnovati protocolli dello sviluppo, e anche un nuovo modo di affrontare e guidare i sistemi ecologici, culturali, politici, economici e sociali prodotti proprio dalla condivisione globale dei problemi (Beck 2017). Siamo alla fase apicale di una crisi pandemica che si diffonde dagli anni sessanta, quando è iniziata a diffondersi la consapevolezza che il modello di sviluppo occidentale stava producendo diseguaglianze sociali, un impoverimento culturale e un consumo di risorse fisiche oltre i limiti del pianeta . L’etica della responsabilità a cui siamo chiamati come urbanisti – ma anche come educatori, dirigenti, studiosi e genitori – ci impone che, una volta assicurata la sostenibilità ecologica degli insediamenti, dovranno essere attivate azioni concrete per il recupero creativo delle risorse aggredite o degradate dalle attività umane, attraverso un loro pieno coinvolgimento nel progetto di futuro che le comunità locali intendono perseguire in un rinnovato patto con la città e il territorio, con l’ambiente e il paesaggio, entro uno scenario di cooperazione e sussidiarietà che è alla base di una vera e fattuale intelligenza collettiva in politica e in economia.