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MAURIZIO CARTA

Re-cycling Urbanism: orizzonti, paradigmi e strumenti

Abstract

Il consumo di suolo è un problema, ma la riduzione del consumo di suolo non è la soluzione. Dietro l'apparente contraddizione si cela la necessità di affrontare la questione in termini non puramente reattivi, ma in termini proattivi – e quindi progettuali. Il modello di sviluppo espansivo ha prodotto una costante erosione di risorse finite, di cui quella del suolo è solo una sineddoche. Quello che abbiamo consumato, infatti, sono soprattutto le strutture identitarie e le trame vegetali, abbiamo anestetizzato metabolismi e interrotto i cicli delle acque, dei rifiuti e della mobilità. Abbiamo eroso la capacità dell'urbano di intrattenere una relazione osmotica con il rurale, abbiamo sedato la capacità produttiva e generativa delle manifatture, abbiamo dimenticato il valore rigenerativo della manutenzione edilizia. Il consumo di suolo è stato solo il sintomo, le patologie sono state la bulimia dello sviluppo, la schizofrenia dei progetti urbani, la sterilità degli interventi e soprattutto la tossicodipendenza da risorse pubbliche in debito. E quindi è dalla cura delle patologie che dobbiamo partire se vogliamo incidere realmente sul drammatico sintomo, sintetizzato dalla velocità con cui l'Italia divora il suo futuro: 8 mq al secondo, dissipando senza generare, crescendo senza evolversi, accumulando senza selezionare. Pianificare nell’era della metamorfosi ci pone davanti all'interrogativo se siamo di fronte ad un vero e proprio salto di innovazione che ampli il campo di azione dell’urbanistica, che ne riveda i paradigmi cognitivi, i processi interpretativi, ma soprattutto gli strumenti di azione. A mio parere siamo di fronte alla nascita di un “re-cycling urbanism” di cui ho iniziato a indagare sintomi e pratiche per individuare genealogie, riconoscere epistemologie, definirne i protocolli ma soprattutto per riconoscere gli orizzonti operativi una urbanistica nell’era del riciclo.