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MARINA CALOGERA CASTIGLIONE

L’interazione asimmetrica nel Bastardo di Mautàna di Silvana Grasso: diverse forme di potere

Abstract

Un’analisi pragmatica delle interazioni tra i personaggi del romanzo “Il Bastardo di Mautàna” di Silvana Grasso (1994) mette in luce un sistema linguistico in cui si cristallizzano rapporti di potere tra classi sociali nella Sicilia di inizio ventesimo secolo. Una prima evidenza si ha nella selezione onomastica operata dall’autrice e che costituisce un primo meccanismo di riconoscibilità della collocazione socio-economica dei personaggi. In maniera schematica e banalmente oppositiva, possiamo evidenziare come nei gradini più alti della scala sociale vi sia chi gode della sequenza onomastica più complessa, che comprende oltre al nome e cognome anche il titolo, la professione e l’eventuale provenienza (Prosindaco dottor Turrumè Vincenzo, speziale di Terranova), mentre al fondo della stessa scala si collochi chi non è proprietario neanche di un nome e cognome, ma soltanto di un soprannome popolare (Stinca, Janìa, Semenza, Lupo, Canaria). Anche il sistema degli allocutivi consente di far emergere formule di rispetto (don) che si oppongono a appellativi offensivi. Mentre, però, il sistema onomastico ufficiale riproduce una chiara distinzione dei ruoli sociali, gli allocutivi costruiscono un sistema dentro il sistema in quanto, dalle interazioni dirette e dal discorso indiretto libero, inferiamo un capovolgimento che spesso ha alla base un altro rapporto di potere, ossia quello tra uomo e donna.