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IVANO CAVALLINI

Natura e alterità. Ancora sull'aria del Tasso di Giuseppe Tartini

Abstract

La passione di Giuseppe Tartini per la musica popolare è attestata da quattro versioni per violino dell’Aria del Tasso. L’Aria rientra nell’ambito di una nuova poetica che ricerca la verità nei canti di natura. Come i musicografi della generazione successiva, il violinista attribuisce alla semplicità un ruolo paradigmatico per separare il concetto di natura dal concetto di artificio. Per cui, il semplice canto di popolo, assieme alla musica greca del periodo classico e alla musica delle «nazioni» non evolute, è più vicino allo stato primigenio, ossia allo stato di natura e quindi alla verità. A questo problema si collegano tre fasi del pensiero del trattatista, in cui il termine natura subisce un sensibile slittamento semantico. Nella prima egli statuisce che non vi è conflitto tra il principio universale della musica basato sull’armonia e la musica di tradizione o quella dei popoli, da intendersi come varianti di una sola grammatica (ratio in accordo con sensus, Trattato di musica, 1754). In una successiva lettera a Giordano Riccati del 1760, la «musica delle nazioni» diviene una seconda natura che scorre in parallelo rispetto alla natura individuata nella nozione di armonia (cultura vs. natura). Incapace di rinunciare a un quid unificante, nella terza fase il compositore riconosce la natura nel genere diatonico usato dagli antichi greci, nel canto di popolo e nella musica d’arte delle moderne nazioni (cultura i.e. natura, De’ principj dell’armonia, 1767). Il punto di vista antropologico di Tartini introduce l’elemento critico dell’alterità e precorre il dibattito di fine secolo sulle culture 'altre'.