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ALESSANDRA CARRUBBA

La coltivazione della calendula (Calendula officinalis L.) come prodotto erboristico.

  • Autori: Carrubba, A; Catalano, C; Militello, M
  • Anno di pubblicazione: 2009
  • Tipologia: eedings
  • Parole Chiave: Calendula, coltivazione, erboristeria
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/52635

Abstract

All’interno della flora officinale mediterranea, la famiglia delle Asteracee (ex Composite) assume un ruolo di primaria importanza, comprendendo circa il 19% del totale delle specie di interesse erboristico censite in Sicilia. Tra queste, molto rappresentata è la calendula (Calendula officinalis L.), la cui droga è tradizionalmente costituita dai capolini, di un acceso colore arancione, che vengono largamente adoperati, da soli o in miscela con altri derivati vegetali, in erboristeria e dall’industria farmaco-cosmetica. Le proprietà attribuite alla specie sono numerose e assai diversificate: oltre alle note e tradizionalmente utilizzate azioni antiinfiammatoria, cicatrizzante, emolliente ed idratante, una copiosa attività sperimentale condotta negli ultimi anni ha permesso di suggerire l’utilizzazione degli estratti di calendula come substrato ad attività antiossidante ed antifungina, giustificando così la sua crescente diffusione in coltivazione in tutto il mondo. Più recentemente, un notevole interesse da parte dell’industria viene attribuito anche all’olio di calendula, contenuto nei semi in quantità variabili dal 5 al 12%, tanto che alcuni Autori suggeriscono la possibilità di coltivare la specie associando alle sue note finalità erboristico-farmaceutiche anche la destinazione d’uso come oleaginosa industriale. Secondo le più recenti stime disponibili, la superficie attualmente impegnata a calendula su tutto il territorio nazionale è estremamente ridotta, ricoprendo un ettaraggio di circa 5.5 ha, distribuiti soprattutto in Emilia, Lombardia, Marche e Sicilia. Le elevate potenzialità estetiche della specie, largamente coltivata con finalità ornamentali, permettono tuttavia di ipotizzarne a pieno titolo l’inserimento tra le specie in grado di incrementare il grado di multifunzionalità dell’attività agricola nelle aree semiaride mediterranee. La concorrenza di una molteplicità di possibili utilizzazioni industriali, infine, ha amplificato l’interesse verso la sua coltivazione, suggerendone la possibile introduzione in numerosi ambienti, vocati dal punto di vista pedologico e climatico. A questo scopo, a partire dal 2002 il DAAT dell’Università di Palermo ha avviato una sperimentazione poliennale e tuttora in corso, di cui si riferiscono di seguito i risultati più significativi, che ha permesso di accertare le ottime possibilità produttive della specie in coltura in termini di resa in prodotto erboristico, anche quando coltivata in assenza di input energetico-tecnologici di rilievo.