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SERGIO BONANZINGA

Due tipi poetici in Sicilia. L’aquila messaggera d’amore e la donna-aquila fra oralità e scrittura

Abstract

I "tipi poeticii" dell’aquila messaggera d’amore e della donna-aquila sono ampiamente presente nel repertorio dei canti “lirico-monostrofici” di tradizione orale diffusi nell’antico Regno delle Due Sicilie. Le prime attestazioni in Sicilia sono state rilevate da Lionardo Vigo, ad Acireale (Catania) e a Itala (Messina), e si possono leggere nella sua prima raccolta di Canti popolari siciliani (1857). A Giuseppe Pitrè si deve invece la prima testimonianza musicale del canto in una variante raccolta a Isnello (sulle Madonie in provincia di Palermo). A sua volta Favara fornirà trascrizioni su pentagramma di alcune varianti raccolte nel Palermitano. La documentazione scritta trova riscontro nella tradizione orale contemporanea, dove il canto assume svariate forme melodiche e differenti modalità esecutive: a voce sola o con accompagnamento strumentale (di chitarra o zampogna), oppure polivocale a due parti. In un caso viene addirittura trasformata la struttura strofica: l’ottava originaria si dilata in tre strofe – due ottave più una sestina ripetuta due volte – che sviluppano il tema dell’aquila messaggera d’amore in una breve “storia”. Il testo offre un quadro delle fonti siciliane del canto, con riferimenti alle sue variante calabresi e napoletani, ponendo in evidenza il complesso di trasformazioni che ne hanno caratterizzato la vicenda tra oralità e scrittura.