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GIULIA BONAFEDE

Spazi di ‘soglia’ e diritto alla cittadinanza: esperienze e riflessioni per la riconquista dello spazio pubblico.

  • Authors: Bonafede, G; Lo Piccolo, F
  • Publication year: 2010
  • Type: Capitolo o Saggio (Capitolo o saggio)
  • Key words: Spazio pubblico; cittadinanza; partecipazione; H. Arendt
  • OA Link: http://hdl.handle.net/10447/76056

Abstract

Nell’Europa contemporanea si registra un’ampia varietà di comunità culturali. Alcune di queste comunità possono, naturalmente, essere costruite su valori e modi di vita che sono così antisociali da renderli immeritevoli di supporto e tolleranza, ma – in ogni caso e come dato di fatto – la società contemporanea è divisa in un arcipelago frammentato di differenti minoranze e gruppi plurali. Riteniamo questi gruppi come socialmente costruiti – cioè come fenomeni sociali dinamici i cui confini si spostano nel tempo, e la cui rilevanza nella vita dei membri e in quella di coloro che non ne fanno parte varia nel tempo e nello spazio: questa visione è emersa all'interno del dibattito sui nuovi movimenti sociali, evidenziando il ruolo degli aspetti sociali e culturali nei cambiamenti collettivi (Melucci, 1989; Giddens, 1991). Con riferimento alla loro dimensione spaziale, questi gruppi possono essere comunità emarginate o segregate e, in alcuni casi, appaiono come “gated communities”. Confini materiali e immateriali creano la divisione spaziale, sociale e culturale tra i gruppi. Allo stesso tempo, i confini sono alla base della divisione tra sfera pubblica e privata che è anche una separazione tra spazi pubblici e privati. Tra la sfera pubblica e quella privata esiste (potenzialmente) una zona di “soglia” delle reti sociali e delle azioni comunitarie. Nuove forme di costruzione di “spazi comuni” (materiali e immateriali) aumentano nelle frange più marginali della città come pratiche innovative del vivere e lavorare insieme. Con questo contributo intendiamo esplorare la questione delle aree “soglia” nella sua doppia interpretazione: 1. come luoghi fisici, dove gruppi marginali o esclusi sono costretti a sperimentare azioni collettive per ottenere migliori condizioni di vita (urbane); 2. come metafora di un infra-spazio tra sfera pubblica e privata, che è anche precondizione per l'esistenza dello spazio pubblico della democrazia. In tale approccio, la sostanziale precondizione per qualsiasi forma di democrazia è l'esistenza di spazi politici come l’idea di Arendt di un "infra-spazio" tra pari che discutono e agiscono liberamente. Così, lo spazio pubblico della democrazia coincide con lo spazio politico della libertà. Dove lo spazio tangibile dell'Agorà e quello metaforico della democrazia non esistono, non c’è spazio politico (Arendt, 1958). In termini di pianificazione non esiste uno spazio (in termini anche di efficacia) per i processi di pianificazione partecipativa. Al fine di illustrare le nostre considerazioni su questo tema, useremo alcuni concetti sviluppati da Hannah Arendt (1958), applicandoli al discorso politico nella pianificazione di processi partecipativi. Questo ci porta a considerare e soppesare alcune ambiguità e retoriche che compongono il concetto di pratiche partecipative inclusive, e di individuare alcune precondizioni inevitabili al fine di costruire efficienti processi di pianificazione partecipativa, considerando che l'interesse pubblico e la costruzione del consenso ricevono bassa priorità politica.