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ENZO BIVONA

ASPETTI CRITICI NEI PROCESSI DI RISANAMENTO E SVILUPPO DURATURO DELLE AZIENDE CONFISCATE ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

Abstract

Il governo dei patrimoni confiscati alle organizzazioni criminali rappresenta oggi più che in passato un fenomeno che richiede particolare attenzione, non soltanto da parte dei cultori del diritto, ma anche degli studiosi delle scienze aziendali. Diverse sono, infatti, le motivazioni che dovrebbero spingere gli aziendalisti ad approfondire i processi di governo dello sviluppo di tali patrimoni, sempre più spesso costituiti da aziende e non solo da beni immobili. In particolare, dall’analisi del numero delle aziende confiscate alle organizzazioni criminali negli ultimi anni emerge un fenomeno che, seppur di dimensioni contenute , ha fatto registrare una crescita annua media del 15%. Dall’inizio del 2008 al primo settembre del 2011, le aziende confiscate sono passate da 977 a 1.458. Un’altra motivazione è collegata alle problematiche che sorgono nel governo dello sviluppo di un’azienda sottoposta ad un provvedimento di confisca definitiva e alla sua successiva destinazione. In base alle norme vigenti, qualora tali aziende abbiano delle fondate prospettive di continuità dell’attività aziendale possono essere vendute o cedute in affitto, o, in assenza di valide ipotesi di sviluppo futuro, liquidate. Dall’osservazione dei dati sull’andamento delle aziende confiscate si nota una palese difficoltà da parte degli amministratori ad attivare e favorire percorsi di sviluppo sostenibile, in modo da assicurare alle stesse una prospettiva di continuazione dell’attività. Delle 1.377 aziende confiscate al 31 dicembre del 2010, solo 36 (pari al 2,61% del totale) sono state destinate alla vendita o all’affitto. Le restanti aziende o si trovavano già in fase di liquidazione al momento della confisca definitiva, ad esempio, a causa di una sentenza di fallimento, oppure sono state destinate alla liquidazione, in quanto non è stata valutata positivamente l’ipotesi di una continuazione dell’attività. Come si avrà modo di osservare dall’analisi riportata nelle pagine successive, la percentuale di aziende confiscate e destinate a proseguire l’attività aziendale nel corso dell’ultimo triennio non si discosta di molto da quanto rilevato nel 2010. Da una lettura di tali dati si potrebbe concludere che “la confisca di una azienda porta quasi sempre alla sua scomparsa” . Tuttavia, lo stesso fenomeno analizzato nella prospettiva degli studi economico aziendali, secondo la quale le “aziende di qualsiasi tipo” vanno osservate nell’ottica della loro “funzionalità economica duratura” di lungo periodo (focalizzando quindi l’attenzione non tanto sulla crescita dimensionale, quanto sullo sviluppo in senso qualitativo), senza peraltro perdere di vista le caratteristiche che contraddistinguono il “contesto organizzativo” in cui si formano le decisioni e l’ “ambiente rilevante” in cui esse operano , è fonte di diversi interrogativi: - Quali sono le principali cause che determinano l’elevata mortalità delle aziende confiscate? - Esistono delle peculiarità che tendono a far differire le aziende confiscate da quelle non confiscate? E se sì, di che tipo? - Quanto il sistema organizzativo e l’ambiente esterno sono in grado di influenzare i risultati delle aziende confiscate e facilitare/ostacolare la loro successiva destinazione con una prospettiva di sviluppo duraturo? - Qual è il ruolo che l’amministratore delle aziende confiscate è chiamato a svolgere? Come tale figura può contribuire ad attivare dei percorsi di risanamento e sviluppo duraturo di tali aziende? - In un’azienda confiscata, è possibile adottare i modelli concettuali e gli strumenti operativi volti a favorire lo sviluppo duraturo di un’azienda che opera “liberamente” sul mercato? Gli interrogativi sopra riportati fanno parte di una ricerca che è attualmente al suo stadio iniziale. Pertanto, nell’esposizione che segue non tutti i quesiti sopra riportati troveranno una risposta esaustiva. Tuttavi