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Giurisprudenza

“Decreto Cutro”: Restringere la protezione speciale significa solo produrre illegalità e insicurezza. Un parere della Clinica legale Migrazioni e diritti dell’Università degli Studi di Palermo.

20-mar-2023

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"Decreto Cutro": Restringere la protezione speciale significa solo produrre illegalità e insicurezza

Un parere della Clinica legale Migrazioni e diritti dell’Università degli Studi di Palermo

 

Col decreto-legge 10 marzo 2023 n. 20, si sono introdotte “disposizioni in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione clandestina” dichiarate di “straordinaria necessità e urgenza”.

Premesso che:

All’indomani di una strage in mare come quella di Cutro, preceduta da innumerevoli altre e alla quale altre ancora hanno già fatto seguito, l’urgenza principale avrebbe dovuto essere quella di disporre adeguate misure di soccorso in mare, di aprire canali di ingresso legali efficaci e incrementare i corridoi umanitari, e che nessuna di queste misure è contenuta nel decreto in oggetto;

L’aumento delle “quote” previsto dal decreto rimane all’interno del meccanismo della Legge n. 189 del 2002, meglio nota come legge Bossi-Fini, il cui presupposto dell’assunzione a distanza si è rivelato del tutto fallimentare negli ultimi vent’anni, finendo per altro, a causa del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, per aumentare la vulnerabilità delle persone allo sfruttamento lavorativo perpetrando la loro posizione di costante ricattabilità;

Anche gli ingressi previsti “fuori quota” non sono in nessun modo agibili per persone in fuga da confitti e situazioni di insicurezza diffusa nel paese di origine e di transito;

Il prolungamento della durata dei permessi di soggiorno prevista da decreto in oggetto non copre quelli per lavoro subordinato a tempo determinato, che avrebbero maggiormente bisogno di tutele, ma solo quelli per lavoro a tempo indeterminato e autonomo e per il ricongiungimento familiare;

L’innalzamento dei tempi di trattenimento nei centri di detenzione amministrativa, nonché l’incremento del numero di questi centri, perpetra e rafforza un istituto che si è rivelato, dal 1998 in poi, estremamente costoso in termini di violazioni dei diritti nonché di risorse economiche impiegate e alquanto inefficace ai fini dell’obiettivo dichiarato che è quello delle espulsioni delle persone irregolarmente presenti sul territorio;

L’inasprimento previsto per “i delitti in materia di immigrazione clandestina” non colpisce il traffico internazionale di esseri umani i cui organizzatori, che non si imbarcano su natanti destinati in molti casi a naufragare, appaiono piuttosto agire in contiguità con i poteri dei paesi di transito, come la Libia, con cui l’Italia continua a stringere o rinnovare accordi;

Particolarmente preoccupante appare la misura prevista all’art. 7 del decreto in oggetto, che interviene in materia di protezione speciale, ovvero di quella forma di protezione introdotta dalla Legge n. 173 del 2020 per riparare ai gravi danni provocati dalla cancellazione della protezione umanitaria ad opera del decreto-legge 4 ottobre 2018 n. 113.

Queste forme di protezione, ritenute dalla giurisprudenza come atte a ottemperate ai nostri obblighi costituzionali in materia di tutela dei diritti umani, sono quelle che hanno permesso la regolarità del soggiorno in Italia alla maggior parte dei richiedenti protezione nel nostro paese.

La cancellazione della protezione umanitaria, nel 2018, ha avuto come diretta conseguenza l’impossibilità per migliaia e migliaia di persone che avevano solidi legami familiari e sociali in Italia e un significativo livello di inclusione sociale, come i neomaggiorenni arrivati da minori non accompagnati che avevano avviato percorsi scolastici e di inserimento lavorativo, di ottenere o rinnovare il proprio permesso di soggiorno, finendo in una situazione di irregolarità, e quindi di marginalizzazione, sfruttamento e abusi.

Il nostro sportello, attivo dal 2015 nella sede del Dipartimento di giurisprudenza, ha vissuto in prima linea le difficoltà di quel periodo, ritrovandosi a dovere in molti casi semplicemente comunicare a queste persone che non c’era un via legale per garantire i loro diritti.

Il 2019, non a caso, è stato per le sezioni dei tribunali specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'unione europea l’annus horribilis in cui i ricorsi sono aumentati esponenzialmente.

Abbiamo quindi già visto come questa misura abbia di fatto prodotto illegalità e insicurezza su tutto il territorio nazionale, rendendo irregolare il soggiorno di persone perfettamente integrate nel nostro paese e comportando anche costi giudiziari e di violazione dei diritti estremamente elevati, tanto da spingere il governo successivo a introdurre una nuova forma di protezione speciale che ha permesso di sanare almeno in parte il danno provocato, in linea peraltro con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani che tutela il diritto alla vita privata e familiare.

Alla luce di tutto questo, l’introduzione di una nuova misura volta a restringere la protezione speciale, se non a eliminarla, come alcune dichiarazioni degli esponenti del governo portano a temere, appare del tutto irragionevole rispetto agli scopi dichiarati di promozione della legalità e della sicurezza, e incompatibile con il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto costituzionale e internazionale che l’art. 117 della nostra Costituzione equipara al rango di fonte primaria.

Nello specifico, il “decreto Cutro” cancella i seguenti periodi:

Non sono altresì ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, a meno che esso non sia necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica. Ai fini della valutazione del rischio di violazione di cui al periodo precedente, si tiene conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.

E appare incomprensibile la ragione per la quale sarebbe di straordinaria necessità e urgenza spingere nell’illegalità e nel buio della cosiddetta “clandestinità” persone socialmente già inserite nel nostro paese, con legami familiari, culturali e sociali in Italia molto più forti che nel paese d’origine.

Facciamo quindi appello al governo italiano affinché in sede di conversione del decreto in oggetto abbandoni la direzione intrapresa e si impegni nell’elaborare misure relative all’immigrazione e all’asilo improntate alla ragionevolezza e al rispetto del diritto e dei diritti non solo delle persone in migrazione ma anche dei cittadini e delle cittadine italiani.