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Gli studenti ItaStra si interrogano e interrogano sulle colleghe morte a Tarragona “Come noi hanno voluto cercare un futuro migliore”

30-mar-2016

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La tragica morte delle tredici studentesse Erasmus nell’incidente in Spagna ha scosso tutta Europa e in particolare loro: ragazze e ragazzi poco più che ventenni che, come le vittime di Tarragona, hanno scelto di trascorrere un periodo di formazione universitaria in un Paese straniero dell’Unione Europea. “Studenti Erasmus”: così vengono comunemente chiamati, due parole che evocano spensieratezza ma anche impegno, tirare tardi la sera ma puntuali a lezione la mattina, party e gite fuori porta,  ma anche convegni, mostre, concerti.

Gli studenti Erasmus da sempre costituiscono una componente importante della Scuola di Lingua italiana per Stranieri (ItaStra) dell’Università di Palermo. In migliaia hanno appreso l’italiano nelle aule della Scuola dotandosi degli strumenti linguistici e culturali per affrontare l’università italiana e la vita di ogni giorno. Tutte e tutti, allo stesso tempo, hanno lasciato una traccia di umanità, un pezzo di vita, instaurando un rapporto che continua anche dopo il loro ritorno a casa, con i messaggi che aggiornano i docenti e i collaboratori della Scuola sulle tappe della loro vita: la laurea, il lavoro, il matrimonio, i figli … Le tappe che le loro colleghe di Tarragona non potranno più vivere e testimoniare. La commozione e il dolore di Tarragona hanno scosso anche le aule di ItaStra e studenti e studentesse hanno sentito l’esigenza e il peso della solidarietà e della testimonianza, utilizzando lo strumento più forte e più indelebile nelle loro mani: la parola. La parole e le parole dell’italiano, la lingua che stanno apprendendo, testimoniando allo stesso tempo, semmai ce e fosse bisogno, di quanto eccezionale e straordinaria sia l’esperienza Erasmus che stanno vivendo, come migliaia di altri studenti prima di loro, e altre migliaia dopo di loro.

Pubblichiamo di seguito alcuni stralci di lettere scritte da studenti ItaStra nei giorni immediatamente successivi all’incidente di Tarragona. Sono il frutto di un’attività di scrittura del docente Fabrizio Leto che ha coinvolto studenti Erasmus e di diverse parti del mondo.

Diawara, del Mali, si rivolge direttamente ai genitori delle giovani vittime di Tarragona: “Il mondo è così, qualcuno deve andare e qualcun altro deve nascere. Non dovete mai sentirvi in colpa per averle fatte partire. Le vostre figlie volevano qualcosa in più per il futuro. Quindi no non avete sbagliato. Io sono studente come erano le vostre figlie”. 

Lidia, studentessa spagnola, scrive al suo docente: “Adesso sto a Palermo grazie al programma Erasmus e sto qui fino a giugno e finisco la laurea questo anno. La verità è che amo essere qui e sto imparando un sacco di cose. Non solo intellettualmente anche umanamente. Questa esperienza mi sta aiutando a vivere da sola senza l’aiuto di nessuno e a conoscere tante culture. Secondo me è un’esperienza meravigliosa che tutti gli studenti dovrebbero vivere. Per questo motivo la Spagna deve continuare ad investire nel programma Erasmus e rafforzarlo”

Dina, egiziana, si pone e pone tante domande (che in realtà sono domande retoriche): “Di chi è la colpa? La colpa è dell’autista dell’autobus? La colpa è delle studentesse che hanno deciso di andare per un viaggio? La colpa è delle famiglia per averle fatte partire?  La colpa è delle ragazze che volevano qualcosa in più per il loro futuro? … La gente sta morendo ogni giorno e gli incidenti stanno accadendo ogni giorno. Perché la gente sta morendo? È colpa del governo? La vita risponderà a queste domande …”

Lilla, Ungheria: “Sono una volontaria, ora vivo a Palermo ma ho anche fatto l’Erasmus in Norvegia, un’esperienza bellissima e incredibile. Se si stanno chiedendo se hanno sbagliato a lasciarle partire per un Paese straniero, loro sbagliano. Sono sicura che lo loro figlie erano felici. Hanno fatto qualcosa di speciale, hanno abitato in una grande città, hanno incontrato tante gente nuova e diversa di tante parti del mondo. Hanno fatto qualcosa in più per il loro futuro e per il futuro degli altri”