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Gli scavi di Gerablus Tahtani e il sorgere della civiltà urbana sulle rive dell’alto Eufrate siriano

15-ott-2015

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Sabato 17 ottobre alle ore 17,30, nella suggestiva sede di Villa Malfitano (via Dante 167- Palermo), il prof. Edgar Peltenburg, docente di Archeologia del Vicino Oriente all’Università di Edimburgo terrà una conferenza sul tema:

“Gli scavi di Gerablus Tahtani e il sorgere della civiltà urbana sulle rive dell’alto Eufrate siriano”

L’iniziativa è patrocinata congiuntamente dal Dipartimento di Culture e Società dell’Università di Palermo e dalla Fondazione Giuseppe Whitaker.

Interverrano il Magnifico Rettore Roberto Lagalla, il Soprintendente arch. Paola Misuraca e il prof. Gioacchino Falsone.

Il nome di Gerablus richiama alla mente la leggendaria impresa di Sir Leonard Woolley e Lawrence d’Arabia, che per conto del British Museum, alle soglie della I guerra mondiale, portarono alla luce i celebri rilievi e monumenti di Carchemish, l’antica capitale siriana sul fiume Eufrate. Pochi sanno invece che nelle vicinanze c’è anche un’altra Gerablus, quella inferiore, ubicata proprio in quella stessa piana ove nel 605 a.C. avvenne lo scontro campale tra le armate di Nabucodonosor e quelle egiziane, che portò alla fondazione dell’ultimo grande impero di Babilonia.

In questa collinetta ha operato per un decennio la Missione archeologica dell’Università di Edimburgo diretta dal prof. Edgar Peltenburg, il quale viene ora a Palermo a riferire sui notevoli risultati raggiunti nei suoi scavi (1992-2002): dalla nascita del primo insediamento nel IV millennio a.C. che presto venne a contatto col mondo sumerico della bassa Mesopotamia al successivo sorgere di un fortilizio strategico e commerciale sulla riva del fiume. Sentiremo parlare di ‘rivoluzione urbana’, di nascita della scrittura e delle prime città, del primo fenomeno di espansione ‘coloniale’, di seconda urbanizzazione, di società stratificate, di ricchi monumenti funerari, di culto degli antenati, di inondazioni e straripamenti, di inaridimento climatico, di crisi e disastri, di conseguenti ondate di migrazioni tribali sul finire del III millennio a.C.

In un’epoca in cui restiamo esterrefatti nel sentire le notizie delle spaventose distruzioni perpetrate ai danni di magnifici monumenti e celebri siti storici dell’antico Oriente (Palmira e il Museo di Mosul sono i casi più eclatanti, ma ormai le devastazioni non si contano più), forse è utile piuttosto sentire la voce dell’archeologo per capire come si fa a ricostruire una civiltà del passato e per poter dire che ‘non tutto è perduto’!