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La Mantia: “La pianificazione strategica strumento gestionale obbligatorio per la sostenibilità e lo sviluppo delle attività istituzionali dell’Università”

24-dic-2015

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“La pianificazione strategica è lo strumento politico e gestionale obbligatorio per la sostenibilità e lo sviluppo delle attività istituzionali delle università. Per i Poli didattici di Trapani, Agrigento e Caltanissetta, sono sempre più gravi i problemi di bilancio e senza le province le risorse economiche sono minime, incerte e non disponibili. Occorre maggiore credibilità e attrattività, e massimo supporto dalle istituzioni”. Lo ha detto il prof. Francesco Paolo La Mantia, pro-rettore alle “Politiche di sviluppo dell'Ateneo e alla pianificazione strategica” dell’Università di Palermo intervenuto ai microfoni di “Libertà di frequenza”, la web radio dell’Università di Palermo.
“Per tutti gli atenei c’è l’obbligo di dotarsi di un piano strategico  e di altri strumenti di programmazione. Questo è un obbligo formale ma anche sostanziale perché tutte le procedure di accreditamento dei corsi di studio ed eventualmente delle strutture dell’ateneo passano anzitutto attraverso un documento di programmazione. Occorre prevedere quali sono gli obiettivi che deve raggiungere l’Ateneo in un certo periodo di tempo, partendo da una analisi dello stato attuale e delineando i percorsi per raggiungere quegli obiettivi. Gli obiettivi, ancora una volta, non sono qualitativi, ma devono  essere misurabili quantitativamente,  per verificare che l’ateneo stia andando in modo virtuoso verso gli obiettivi che si è prefissato. Ovviamente tutto questo sottende il fatto che il raggiungimento degli obiettivi  viene remunerato dal ministero attraverso il costo standard, le quote premiali e attraverso i fondi del piano triennale. Quindi raggiungere gli obiettivi di un piano strategico non solo non è solo un obiettivo astratto, ma significa miglioramento del nostro bilancio”.
Un ruolo importante hanno, in questo caso, i rapporti con le istituzioni, con gli istituti di credito, con l’imprenditoria, col tessuto imprenditoriale, non è specificatamente il suo incarico però è un argomento importante. In che modo tutto questo può influenzare l’Ateneo?
“La pianificazione di un Ateneo è fondamentalmente compresa dentro il territorio in cui vive, il che significa Istituzioni locali, rapporti con le scuole, con le aziende, con tutti coloro che in qualche modo influiscono nell’ambito della didattica e della ricerca che sono le basi fondanti di un Ateneo. Quindi da questo punto di vista è necessario che il piano strategico tenga conto dei documenti di programmazione del Fondo Sociale Europeo e il FESR cioè documenti di programmazione della Regione che si occupano di formazione,  di ricerca e innovazione. Si devono tenere presente le realtà territoriali come  le provincie in cui l’ateneo ha delle sedi didattiche: Agrigento, Trapani e Caltanissetta, i rapporti con le istituzioni esterne al territori, l' internazionalizzazione, i rapporti con gli atenei italiani”.
A questo proposito sviluppo, programmazione, pianificazione strategica ma che ruolo giocano i consorzi universitari delle altre province?
“Il discorso è estremamente importante e anche complicato; partirei da un dato: molti degli studenti che si maturano nelle provincie siciliane e in particolare, quelli delle provincie della Sicilia occidentale per il nostro ateneo, non  vengono a studiare né a Palermo né nelle sedi decentrate. Questo significa che l’ateneo perde studenti e, come è ben noto, ormai il numero degli studenti significa fondo di finanziamento per gli atenei. Occorre necessariamente fare politiche mirate e credo che questa amministrazione si stia già impegnando in questa direzione.  Rendere sempre più appetibile l’offerta formativa, e quindi nuovi corsi di studio, e  l’Ateneo si sta muovendo in questa direzione, (tecnologie agroalimentari, ingegneria biomedica, consulente di  imprese), ed è necessario far crescere l’appealing anche nelle sedi decentrate. le sedi decentrate devono diventare una risorsa per l’ateneo e non un appesantimento rispetto sia al bilancio che all’offerta formativa. Quindi non c’è dubbio che questa è una partita importante che si deve giocare mettendo in campo: una sempre maggiore credibilità dell’ateneo di Palermo; secondo una sempre maggiore attrattività dell’ateneo rispetto ai nostri studenti.
Tutto ciò presuppone un legame più stretto con le istituzioni locali e soprattutto con il tessuto produttivo
“Sì, quello che è triste, spesso, è essere giudicati nei mezzi di informazione sulla base di indicatori che non hanno niente a che fare con il lavoro che si fa all’Università. Non è colpa dell’Università di Palermo  se il numero di borse di studio è basso, non dipende dall’Università ma dalla Regione. Non è colpa dell’Ateneo perché i nostri studenti che si sono laureati vanno a lavorare fuori. Non è colpa dell’ateneo, è colpa di un tessuto economico in generale debole che in questo momento non è ricettivo per i molti, ottimi  laureati che escono dall’Università di Palermo”.
Quale dovrebbe essere la mossa vincente per l’Università di Palermo?
“Adopero due sostantivi: credibilità e attrattività. Io vorrei che da un lato l’Ateneo facesse di tutto per essere più credibile e attrattivo, dall’altro vorrei, che il territorio che ci sta accanto si accorga che c’è una grande istituzione che è l’Università di Palermo”.